SILVANA MOSSANO
BALZOLA
Gianfranco Bergoglio, stesso cognome del Papa, ma non c’è mai stata occasione di domandargli se ci fosse qualche lontana parentela, l’ho conosciuto vent’anni fa. Ben prima che diventasse sindaco di Balzola, il paese dove è vissuto e dove è morto all’età di 76 anni. Funerale lunedì 9 novembre 2020 alle 15 nella parrocchiale.
Vent’anni fa, di questi giorni, era uno dei molti alluvionati arrabbiati nella porzione di bassa casalese travolta dalla piena per la seconda volta in poco tempo: a novembre ‘94 e, appunto, a ottobre 2000. C’era tanta desolazione, ma anche tanta comprensibile rabbia soprattutto tra chi s’era ritrovato appiccicata addosso la poco confortante etichetta di «bialluvionato».
Le acque si erano ritirate, restava la fanghiglia tra le stoppie dei campi, sulle strade, sui marciapiedi, e, nelle case, si cercava di riorganizzare una sorta di normalità con quello che era rimasto. La macchina della solidarietà aveva funzionato bene, ma non bastava. Insieme ai sindaci, che da un lato si prendevano cura della propria gente afflitta e dall’altro tenevano i fili con i gradi più alti della politica per ottenere il ristoro di così tanti danni, si mobilitarono anche gruppi rappresentativi di cittadini sotto forma di comitati. Il comitato alluvionati di Balzola era guidato da Bergoglio. Altri ne sorsero nelle zone vicine e, insieme, formarono il Supercomitato, come fu chiamato allora. Erano tutti proprio arrabbiati. Da cronista, dopo la prima fase acuta in cui stavo sempre sul posto, avevo cominciato ad alternare giorni e serate tra la redazione, le sedi istituzionali e quelle terre martoriate dove si svolgevano riunioni e sit in, si facevano proclami e si urlava «vergogna». Si è andati avanti così per un bel po’. Quando capita una tragedia collettiva, c’è una sorta di copione che si dipana attraverso le reazioni dell’animo umano: stupore, dolore, scalpore, rabbia, lamentele e j’accuse.
Con i comitati ero in stretto contatto quotidiano. Bergoglio aveva l’abitudine di telefonarmi in redazione ogni sera, tra le 20 e le 20,30. Per i più è la normale ora di cena, per chi fa un giornale è il momento frenetico in cui si lavora alla chiusura delle pagine. Bergoglio chiamava per aggiornarmi e, talvolta, mi dava notizie che mi inducevano a modificare gli articoli che avevo già scritto per integrarli con le ultime novità. Soprattutto, però, quelle telefonate erano lo sfogatoio di lamentele che, dopo una buona mezz’ora di conversazione, inciampavano sempre nello stesso punto: “Non si è fatto niente per evitare questa nuova alluvione e non si fa niente per evitarne un’altra”.
Una sera, la ricordo benissimo, e la ricordammo poi insieme in un tempo a venire, Bergoglio mi chiamò come di consueto. E iniziò il suo argomentare. I minuti passavano, si stava facendo tardi, il giornale era da chiudere. Lo stoppai: «Basta, adesso» tagliai con tono drastico. In risposta ebbi il silenzio. Ormai ero partita: «Voi dei comitati continuate a lamentarvi, con buone ragioni, certo, ma dalle lagnanze come se ne esce? Quel che non va l’avete detto e ripetuto; adesso, se volete avere un peso ed essere ascoltati, dovete proporre e collaborare. Con le lamentele non se ne viene fuori. Basta piagnucolare». Lo pensavo e lo dissi in un botto. Silenzio. Guardai la cornetta come se, osservandola, potessi cogliere qualche segnale vitale dall’altra parte. Dopo un po’, ci salutammo e la conversazione finì lì.
Nella consueta mezz’ora di ritorno verso casa, a tarda sera in auto da Alessandria a Casale, mi sentivo amareggiata. Avevo detto quel che pensavo sulla sterilità di quelle recriminazioni fine a se stesse e ritenevo leale averlo espresso, ma avevo fatto bene? Ero stata troppo diretta? Avrei potuto usare toni più morbidi? Ero stanca e scontenta.
Passarono alcuni giorni, anzi, alcune sere senza la consueta telefonata. Il piglio troppo schietto era stato scambiato per sgarbo? Mi rimproveravo per questo. Era necessaria una spiegazione, ero convinta che la stagnazione delle lamentele fosse inutile, ma forse non avevo usato le parole giuste. Insomma…
Bergoglio tornò a telefonarmi, una sera. Riconobbi il numero sul display. Pronto? Pronto. «Ho pensato bene a quello che mi hai detto e ti ringrazio» esordì. Ero commossa. I comitati cambiarono registro: pungoli sì, ma più costruttivi, con proposte e suggerimenti, non sempre perseguibili, non sempre possibili, ma finalizzati a fare un passo avanti, non rimpiangendo ma scavalcando il latte versato.
Poi Bergoglio è diventato sindaco di Balzola, nel quinquennio tra il 2009 e il 2014, io ebbi meno occasioni di incontrarlo. Ma avevamo mantenuto un contatto; infatti, mi aveva inserito nell’indirizzario a cui spediva il bollettino di un paio di paginette con una spicciolata fitta di notizie del paese. C’era anche uno spazio con una ricetta, gusti di terra nostra; qualcuna l’ho pure cucinata.
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