La Corte d’Assise d’Appello spiega perché, il 17 aprile 2025, ha condannato l’imprenditore svizzero Stephan Schmidheiny a nove anni e mezzo di reclusione per i morti d’amianto del filone casalese del processo Eternit Bis.
Martedì 14 ottobre, sono state depositate le motivazioni che spiegano il verdetto: in seicentoventi pagine si ribadisce che l’imputato è colpevole di omicidio colposo, secondo la riqualificazione del reato (che fa cadere la contestazione di omicidio doloso proposta dalla procura) già attuata dalla Corte d’Assise di primo grado di Novara.
- RIASSUNTO PROCESSO DI PRIMO GRADO
Nelle prime poco più di cento pagine, la Corte d’Assise (presieduta da Cristina Domaneschi, affiancata dalla giudice togata Elisabetta Gallino e dai sei giudici popolari, tre uomini e tre donne) riassume la storia del primo grado di giudizio, riportando una sintesi della sentenza pronunciata a Novara il 7 giugno 2023, i motivi di impugnazione del pm e quelli della difesa.
- I NODI DEL PROCESSO D’APPELLO
Seguono centosettanta pagine in cui la Corte torinese illustra gli argomenti salienti che riguardano, principalmente, il cosiddetto «elemento soggettivo» (cioè perché Schmidheiny è ritenuto responsabile di omicidio per colpa e non per dolo) e il «nesso di causalità», nodo spinosissimo articolato in alcuni sottocapitoli, nei quali i giudici si soffermano sulla tesi della «cancerogenesi multistadiale» (cioè come si forma il tumore), sulla rilevanza di tutte le esposizioni all’amianto, sull’anticipazione della malattia e della morte a causa delle esposizioni successive, oltre che sulla durata della cosiddetta fase «preclinica», cioè gli anni che precedono la diagnosi di mesotelioma, quando il cancro è già insediato, non ancora visibile, ma ormai irreversibile.
Interessante riportare qui il paragrafo delle «conclusioni» esposte dalla Corte d’Assise d’Appello su queste tematiche giuridico-scientifiche particolarmente delicate e complesse che sicuramente si troveranno a passare il vaglio della Cassazione, in un successivo grado di giudizio, dopo la prevedibile impugnazione.
- CHE COSA DICE LA SCIENZA
Più volte abbiamo scritto che in questo processo (come in altri incentrati su inquinamenti e disastri ambientali) la scienza entra in tribunale con un ruolo preponderante e dirimente.
E, allora, come si regola l’Assise di fronte alle varie tesi scientifiche proposte e dibattute? La Corte di Torino afferma di ritenere valide come «leggi di copertura» (cioè che collegano un caso e una norma) quelle fondate «sulle teorie scientifiche maggiormente accreditate dagli studiosi di settore» che, nell’articolato processo Eternit Bis (sia in primo che in secondo grado), sono state lungamente illustrate e sviscerate.
Ricordiamo brevemente che cosa significa «nesso causale»: in questa vicenda, significa accertare che ogni vittima si è ammalata di mesotelioma per aver inalato fibre d’amianto nel periodo in cui l’imputato era l’effettivo responsabile dell’Eternit (il cosiddetto «periodo di garanzia»), cioè nel decennio tra il 1976 e il 1986.
Che cosa afferma, dunque, la Corte? Che «il mesotelioma è malattia cagionata da esposizione all’amianto; che il processo di cancerogenesi (cioè come una cellula normale si trasforma in cellula tumorale) è «multistadiale» (cioè avviene in più fasi temporali diverse e tutte concorrono a sviluppare la malattia, non soltanto la prima esposizione alla fibra) e che, quindi, nel causare il mesotelioma, contano sia la durata che l’intensità dell’esposizione subita, fino a quando si completa la cosiddetta fase di induzione.
L’induzione va dall’inizio dell’esposizione all’amianto fino all’insorgenza della patologia, cioè al momento in cui la cellula capostipite del tumore, per effetto delle alterazioni prodotte dalla fibra respirata, si trasforma da benigna in maligna. Segue la fase preclinica che va dall’insorgenza del nodo tumorale asintomatico fino alla diagnosi: è il lasso di tempo in cui il tumore, già insediato ma ancora invisibile (e, quindi, non ancora diagnosticabile), si sviluppa fino ad assumere una certa consistenza e a produrre i primi sintomi.
Quando nell’organismo si è completata la fase di induzione, le successive esposizioni alla fibra non sono più rilevanti, perché la malattia (nella fase preclinica), anche se silente, non ancora visibile e diagnosticabile, è però irreversibile. La Corte accoglie la tesi, che gode del consenso della comunità scientifica, secondo cui il periodo successivo all’induzione dura dieci anni. E, infine, a un aumento dell’esposizione corrisponde l’accelerazione della malattia e, di conseguenza, l’anticipazione della morte.
- I SINGOLI CASI
Nelle successive trecentoventi pagine delle motivazioni, i giudici torinesi analizzano, a uno a uno, i casi singoli, indicando i motivi per cui per alcuni (29 in più rispetto ai 46 già individuati dalla Corte di Novara) Schmidheiny è stato assolto, escludendo o non potendo provare una responsabilità diretta tra la loro morte e la condotta dell’imputato.
Proprio per gli aumentati casi di assoluzione, oltre che per l’incremento di casi per i quali, tra il verdetto di primo e di secondo grado, è maturata la prescrizione, la Corte d’Assise ha rideterminato la pena da dodici anni e mezzo a nove anni e mezzo.
- LE PARTI CIVILI
Le ultime venti pagine sono dedicate alle provvisionali e alle spese processuali (riconteggiate rispetto alla Corte di primo grado), riconosciute a famigliari, enti e associazioni costituiti parte civile nel processo penale a carico di Schmidheiny.
Nei prossimi giorni, seguirà, su questo blog, un’analisi più articolata sui temi cruciali della sentenza che la Corte d’Assise d’Appello ha argomentato nelle motivazioni appena depositate.
https://www.silmos.it/schmidheiny-colpevole-inflitti-12-anni-per-plurimi-omicidi-colposi/