Marco Giorcelli è tra le 392 vittime d’amianto nel processo Eternit Bis. E io non sono parte civile

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  1. Un caro grande ricordo all’Amico Marco testimone e martire di un periodo buio del nostro territorio . Riposa in Pace e Grazie . Ciao Marco

  2. Questa tua lunga riflessione condotta con grande ed equilibrata serenita’,mi lascia spiazzato
    Mi insegni che non e’ la vendetta o la giusta rivendicazione a produrre equilibrio non solo psicologico ma anche fisico in noi.Mi hai semplicemente ed oggettivamente introdotto in questa triste e drammatica pagina della storia socialr r lavorativa della nostra piccola e oramai anche povera citta’.Oggi avro’ un ricordo orante per MARCO.Tu continua a lottare armata solo di speranza, solo cosi’ potrai continuare a trasmettere in chi ti legge quella forza interiore che ha la capacita’ di conservare e soprattutto vivere la MEMORIA di chi e’ stata vittima dell’ingordigia e della prepotenza di chi si sente(!) vincitore solo perche’ padrone di un forziere fatto di potere economico simile a queĺlo di Paperon de’ Paperoni.Grazie con un fraterno abbraccio. Don Giuseppe

  3. Silvana sei una meravigliosa e intelligente giornalista, rappresentante perfetta della realtà, perfetta la tua speranza e attesa di pentimento…è anche nei nostri cuori…la proposta di impegno per la ricerca è essenziale e obbligata….il ricordo di Marco …per chi ha avuto.la fortuna di conoscerlo…è una pura emozione affiancata da affetto….grazie mia cara Silvana ..per la bellezza con cui non ci fai perdere la memoria….e ci fai tenere vivo il dolore …perché il d’ore ci impegna a pretendere un mondo migliore..

  4. Silvana,
    ti lascio questo messaggio che Vittorio Turino mi scrisse nove anni fa, un anno dopo la dipartita di Marco. Un abbraccio.

    ***
    Caro Alberto, sembra ieri –come sempre si dice quando i ricordi ti prendono la mano e per scrivere intingi la penna in quel vecchio malandato, bistrattato, ma immenso calamaio che è il cuore- che vidi accanto a me, nella glaciale cabina del Natal Palli, un ragazzino allampanato e magro come la quaresima; sembrava frastornato da quella atmosfera un po’ goliardica della “stampa” ; in realtà era solo timidezza. Mi colpì subito la sua educazione e l’attenzione con cui seguiva le nostre parole, soprattutto le mie. Ad un certo punto il discorso , stimolati da una collega che si lamentava della rigidezza dei redattori del suo giornale, cadde sull’importanza delle parole, e sull’attenzione che si deve sempre provare con i verbi.
    Io citai al proposito l’episodio notissimo del decimo canto dell’Inferno quando Cavalcanti Cavalcante incontra Dante e Virgilio e preoccupato per l’assenza del figlio Guido…
    “piangendo disse: “Se per questo cieco
    carcere vai per altezza d’ingegno,
    mio figlio ov’è? E perché non è teco?” »
    « E io a lui: “Da me stesso non vegno:
    colui ch’attende là, per qui mi mena
    forse cui Guido vostro ebbe a disdegno” »
    « Come?
    Dicesti elli ebbe? Non viv’elli ancora? »
    Dove quell’ “ebbe”, per Cavalcanti stava a significare che il figlio Guido non era più:
    Ma al momento di recitare, per completare il concetto con un’esibizione mnemonica, ebbi un lapsus…e rimasi muto; alla qual cosa rimediò il giovane magro e allampanato come la quaresima che, senza enfasi e quasi con l’aria di scusarsi , sottovoce lo recitò…
    Nacque lì la nostra amicizia, e poi la nostra collaborazione mai interrotta; lui mi dava –in virtù dei miei vent’anni in più- del lei ed io del tu; e seppi , qualche tempo dopo, che suo papà era il Maestro che mi aveva guidato nelle colonie elioterapiche sui ghiaioni del Po.
    “Allora abitava al Rotondino dove tutti lo chiamavano con deferenza non con il nome ma “ al Maestru”; Un giorno, il sole al tramonto stava incendiando ormai le acque del Po, disse a mia nonna che mi minacciava con una zoccola in mano per via di mie certe intemperanze. “Cara Linda è un po’ birichino, anzi no birichino: è molto vivace, ma è il più “uis” di tutti….” E il più bel complimento che abbia mai ricevuto (anche se qui al Maestru aveva peccato di generosità…” ).

  5. Come non condividere. L’odio non risolve nulla ma inasprisce gli animi. Certo che non è facile accettare tutto questo. Con grande ammirazione ti abbraccio.

  6. Silvana,
    ti lascio questo messaggio che Gianni Turino mi scrisse nove anni fa, un anno dopo la dipartita di Marco. Un abbraccio.

    ***
    Caro Alberto, sembra ieri –come sempre si dice quando i ricordi ti prendono la mano e per scrivere intingi la penna in quel vecchio malandato, bistrattato, ma immenso calamaio che è il cuore- che vidi accanto a me, nella glaciale cabina del Natal Palli, un ragazzino allampanato e magro come la quaresima; sembrava frastornato da quella atmosfera un po’ goliardica della “stampa” ; in realtà era solo timidezza. Mi colpì subito la sua educazione e l’attenzione con cui seguiva le nostre parole, soprattutto le mie. Ad un certo punto il discorso , stimolati da una collega che si lamentava della rigidezza dei redattori del suo giornale, cadde sull’importanza delle parole, e sull’attenzione che si deve sempre provare con i verbi.
    Io citai al proposito l’episodio notissimo del decimo canto dell’Inferno quando Cavalcanti Cavalcante incontra Dante e Virgilio e preoccupato per l’assenza del figlio Guido…
    “piangendo disse: “Se per questo cieco
    carcere vai per altezza d’ingegno,
    mio figlio ov’è? E perché non è teco?” »
    « E io a lui: “Da me stesso non vegno:
    colui ch’attende là, per qui mi mena
    forse cui Guido vostro ebbe a disdegno” »
    « Come?
    Dicesti elli ebbe? Non viv’elli ancora? »
    Dove quell’ “ebbe”, per Cavalcanti stava a significare che il figlio Guido non era più:
    Ma al momento di recitare, per completare il concetto con un’esibizione mnemonica, ebbi un lapsus…e rimasi muto; alla qual cosa rimediò il giovane magro e allampanato come la quaresima che, senza enfasi e quasi con l’aria di scusarsi , sottovoce lo recitò…
    Nacque lì la nostra amicizia, e poi la nostra collaborazione mai interrotta; lui mi dava –in virtù dei miei vent’anni in più- del lei ed io del tu; e seppi , qualche tempo dopo, che suo papà era il Maestro che mi aveva guidato nelle colonie elioterapiche sui ghiaioni del Po.
    “Allora abitava al Rotondino dove tutti lo chiamavano con deferenza non con il nome ma “ al Maestru”; Un giorno, il sole al tramonto stava incendiando ormai le acque del Po, disse a mia nonna che mi minacciava con una zoccola in mano per via di mie certe intemperanze. “Cara Linda è un po’ birichino, anzi no birichino: è molto vivace, ma è il più “uis” di tutti….” E il più bel complimento che abbia mai ricevuto (anche se qui al Maestru aveva peccato di generosità…” ).

  7. Chi ha avuto familiari colpiti dalla fibra killer si sente impotente nell’aiutare i propri cari, perché si è consapevoli che non c’è soluzione. Mio fratello Domenico all’età di 56 anni ha avuto la terribile diagnosi “mesotelioma pleurico”. È sopravvissuto 18 mesi e nonostante l’operazione non ce l’ha fatta. Dopo l’operazione a chi gli chiedeva “come va?”, rispondeva “oggi bene, ma chissà quanti domani ci saranno…”. È terribile. Schmidheiny aiuti la ricerca, perché la fibra colpisce ancora.

  8. Ciao Silva, ti dico solo che mi hai commosso…mio padre fu una vittima senza mai aver lavorato all’ Eternit.Una preghiera per l’amico Marco e per tutte le vittime del mostro ancora purtroppo imbattibile.

  9. Cara Silvana ci uniamo con affetto al ricordo di Marco, le tue parole rispecchiano benissimo la piccolezza di persone che purtroppo “per loro” hanno dimenticato i veri valori …….di umanità, rispetto, amore, di una presa di coscienza che aiuterebbe qualsiasi individuo a vivere meglio ……Ciao Marco

  10. Silvana, ti confesso che in prima battuta non sono riuscita ad andare molto avanti nella lettura delle tue parole, mi prendeva un groppo in gola, soprattutto arrivata alla lettera di Marco, dovevo interrompere. Oggi, poco alla volta, sono arrivata all fine, lo dovevo a Marco, che ho conosciuto e stimato, un caro amico di cui ho conosciuto le sofferenze e che ci ha lasciati troppo presto, ingiustamente. Ammiro la tua forza, la tua determinazione e la tua nobile speranza.

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