LA RECENSIONE
del SABATO

“Delitto di benvenuto”, autrice Cristina Cassar Scalia, edito da Einaudi, 2025, pp. 311.
In una frase: un “giallo” fresco, avvincente, rilassante.
Cristina Cassar Scalia è nota soprattutto per aver scritto romanzi polizieschi con protagonista principale il vicequestore Giovanna Guarrasi (detta Vanina) palermitana e operativa, ai giorni nostri, presso la questura di Catania. La scrittrice, con questo suo recente romanzo, propone al lettore un nuovo personaggio: il giovane commissario Scipione Macchiavelli, che, il 16 dicembre del 1964, è stato trasferito “con effetto immediato”, per motivi disciplinari, da Roma (commissariato “Via Veneto”) a Noto, in provincia di Siracusa.
Cristina Cassar Scalia è originaria di Noto: qui è nata nel 1977. Laureata in Medicina all’Università di Catania, vive ad Aci Castello ed esercita la professione di medico oftalmologo. Ha esordito come scrittrice nel 2014 con il romanzo “La seconda estate”, a cui sono seguiti “Sabbia nera” (2018 e 2019), “La logica della lampara” (2019 e 2020), “La salita dei Saponari” (2020 e 2021), “L’uomo del porto” (2021 e 2022), “Il talento del cappellano” (2021 e 2022), “La carrozza della Santa” (2022 e 2023), “Il Re del gelato” (2023 e 2025), “La banda dei carusi” (2023 e 2025) e “Il Castagno dei cento cavalli” (2024) che hanno come protagonista il vicequestore Vanina Guarrasi; da questi libri, tradotti anche all’estero, è stata tratta una serie tv per Canale 5. Con Giancarlo De Cataldo e Maurizio de Giovanni ha scritto il romanzo a sei mani “Tre passi per un delitto”.
Per Scipione il trasferimento è “un pugno nello stomaco da cui, ne era certo, si sarebbe ripreso con difficoltà. Con altrettanta angosciosa difficoltà, s’era approssimato all’atlante d’Italia e, con mano malferma, aveva cercato il luogo del suo esilio. Il dito era sceso lungo lo stivale, sempre più giù, verso latitudini più meridionali della Tunisia, raggiungendo l’estrema punta della Sicilia. Lì, dove l’Italia finiva e il Mar Mediterraneo si estendeva nella sua porzione più vasta, si trovava il luogo nel quale la volontà dei suoi superiori l’aveva relegato”. (pp. 9-10)
Dalla Roma in cui si respirava ancora il clima mondano e culturale raccontato dal famoso film “La dolce vita” (1960) al provincialissimo ambiente netino della metà degli anni ’60 del secolo scorso, il cambiamento è davvero abissale.
L’autrice descrive benissimo il senso di smarrimento e la malinconia del commissario Macchiavelli; il giovane funzionario di Polizia ha viaggiato in treno e si è portato i regali di Natale lasciatigli in anticipo dai famigliari (compreso l’ultimo 45 giri di Gianni Morandi, Non son degno di te). “Tutti, a eccezione del regalo di suo padre, che per quell’anno – e a suo adire anche per i successivi – non gli sarebbe pervenuto”. (p.13).
Macchiavelli appartiene a un’agiata famiglia borghese, il padre, Cesare, è un affermato avvocato che era rimasto deluso dalla scelta di Scipione, comunicatagli all’indomani della laurea in Giurisprudenza, di non voler seguire le sue orme professionali per diventare commissario di Pubblica sicurezza (la Polizia di Stato, fino alla smilitarizzazione entrata in vigore il 25 aprile 1981, era il “Corpo delle Guardie di Pubblica sicurezza”).
La delusione paterna si era trasformata in rabbia in seguito al trasferimento punitivo; le ultime parole al figlio erano state definitive: “Da te ti sei infilato in questa situazione, e da te ne sconterai le conseguenze. Con i soli mezzi che il tuo mestiere ti permetterà”. (p. 21).
Scipione è perfettamente conscio dell’immagine di sé che aveva dato nei quattro anni in cui aveva diretto il commissariato “Via Veneto”: “Un vanesio vitellone, sciupafemmine impunito, assiduo frequentatore della dolce vita romana celebrata dal cinema e dai rotocalchi, che si svolgeva proprio a un passo dal suo ufficio e dalla quale era irresistibilmente attratto.” (p. 24). Gli era stato addirittura affibbiato il soprannome di “Paparazzo”, cosa che lo aveva sempre divertito, ma ora è diverso. Forse sono i primi germi di un cambiamento, una maturazione derivante anche dalla volontà di non confermare la fama di sconsiderato combinaguai che lo ha preceduto nella nuova destinazione, come ha potuto intuire dal breve colloquio avuto con il questore.
Ad aiutare i buoni propositi di Scipione è il caso: il 21 dicembre 1964, lo stesso giorno in cui il nuovo commissario di Noto stava arrivando in Sicilia, il maresciallo Calogero Catalano, dirigente pro tempore del commissariato netino, riceve la denuncia della scomparsa di una persona.
La signora Maria Laura Vizzini, coniugata Brancaforte, denuncia la scomparsa del marito, Gerardo Brancaforte, assentatosi da casa dal giorno 19 dicembre.
“Catalano ingoiò la notizia ferale. Non era la rapina del secolo, ma sentiva che un bel mattone stava per cascargli addosso” (p.7).
A verbalizzare la denuncia è il brigadiere Francesco Mantuso, che durante la “reggenza” del commissariato da parte del maresciallo Catalano era stato “il suo braccio destro e sinistro” (p. 5).
Lo scomparso è il direttore della locale sede della Banca Trinacria, persona conosciuta in città. L’indagine si presenta complessa: Brancaforte, galantuomo sulla carta, sembra sia dedito all’usura, approfittando della sua funzione di direttore di banca.
Sono proprio le difficoltà e l’importanza del caso a favorire e alimentare il clima di collaborazione tra Macchiavelli, il maresciallo Catalano e il brigadiere Mantuso. Il passo tra la buona intesa professionale e la stima reciproca è spesso breve e Macchiavelli avrà modo di constatare quanto possa essere efficace e gratificante un buon lavoro di squadra.
Se non ci fosse stata questa indagine forse Macchiavelli avrebbe potuto farsi prendere dallo sconforto per il trasferimento subito e la lontananza da Roma, non avrebbe scoperto il piacere di lavorare in accordo con in suoi uomini a un caso difficile, e non avrebbe nemmeno avuto la piacevole sorpresa alla festa di Capodanno 1965!
Finale: un libro divertente, non mi lascerò sfuggire il prossimo episodio della serie. La scelta del nome del protagonista, Scipione (gran generale) Macchiavelli (gran pensatore), giustifica grandi aspettative!
Riesci a trasmettere a chi ti legge le emozioni che tu provi durante la lettura e cosi io vivo di rendita. Grazie e attendo il prossimo.