Signor Stephan Schmidheiny, tre donne in quindici giorni. Tre donne vittime del serial killer mesotelioma. Due erano sorelle. Che cosa devo ancora dirle per convincerla? Che cosa deve ancora accadere perché lei cominci, senza indugi, a finanziare la ricerca? Lei, direttamente, da imprenditore, mettendoci le mani. Oggi, ormai, tutti sappiamo tutto sull’amianto: che causa il mesotelioma e fa morire. Dobbiamo solo scoprire come guarire. Lo faccia, signor Schmidheiny. Adesso!
Tre donne casalesi «violentate» in quindici giorni.
Del serial killer conosciamo il nome: mesotelioma, ma a tutt’oggi è irriducibile e inafferrabile.
Nell’arco di due settimane, ha infierito su tre giovani donne, affamate e prodighe di vitalità; sì, giovani, in quel periodo di gioventù piena e consapevole che sa armonizzare entusiasmo ed esperienza.

Nell’ordine cronologico degli addii: Margherita Vaccarone, 61 anni, impiegata dell’Inail, voce dolce e squillante nel Fuck Cancer Choir. Lei aveva cominciato a fare i conti con il mesotelioma cinque anni fa. Gli rideva in faccia, come se lo beffasse. E ha continuato a vivere con grinta, sperando («Pensa che bello – mi scriveva – poter essere tra i pazienti che sconfiggono il mesotelioma!»). Lui l’ha sopraffatta domenica 1° giugno. Alla Marghe piaceva cantare, ma ormai era stanca, perchè questo male vigliacco ti mina anche la speranza. Ha lasciato il marito Mauro, i figli Giorgio e Fabrizio, la sorella e la mamma.

Paola Brera, 63 anni, è stata a lungo la farmacista, volto sorridente e rassicurante dietro il bancone della Farmacia del Duomo, bella, generosa e garbata. Salutista convinta e coerente. Era una altruista fata del dare: consigli esperti per curare e stare meglio, incoraggiamenti, sorrisi benefici. La diagnosi nella primavera del 2024, e poi i tentativi di tutte le cure possibili, insieme alla vicinanza costante e alle preghiere assidue di chi l’amava. La sua stella si è spenta tredici mesi dopo, all’una della notte che anticipava il giorno del sabato 14 giugno. Ha lasciato le figlie Francesca e Giorgia, con il nipotino Mylo, il compagno Arnaldo, la sorella Roberta e una fiumana di amiche e amici sgomenti. Il funerale si celebra domani, martedì 17 giugno, alle 10, in Duomo.
Paola Vaccarone, 66 anni, stesso cognome di Margherita. Già, perché erano sorelle: figlie dello stesso padre, operaio dell’Eternit (morto quando erano ragazzine), della stessa madre, oggi novantaduenne, pure lei dipendente dell’Eternit e affetta da asbestosi. Anche Paola Vaccarone aveva lavorato per un po’ di anni nella fabbrica del Ronzone. Due sorelle trafitte dallo stesso killer. La storia di malattia di Paola è stata molto più breve, pochi mesi, ed è spirata esattamente due domeniche dopo Margherita. Il funerale si terrà mercoledì 18 giugno, alle 9,45, nella chiesa di San Domenico (rosario martedì 17 alle ore 21).
E adesso? Adesso che cosa facciamo? Che cosa abbiamo ancora da dirci? Anzi, ha ancora senso parlare, imprecare, invocare, urlare? Certo, cerchiamo consolazione rimanendo appesi ai ricordi belli, ai giorni buoni, alle ultime parole dette e al saluto finale prima di spegnere gli occhi.
Quello che non possiamo fare a meno di fare è piangere, lacrime di angoscia e di paura per le prossime vittime incolpevoli, per chi ancora neppure lo sa che la fibra gli/le sta lavorando dentro.
E poi? Se ci rassegniamo all’impotenza, non facciamo forse un torto a chi se n’è andato per questo male ingiusto, gettando la spugna su quel sacrificio?
E, allora, che cosa facciamo?
Quello che non abbiamo mai smesso di fare: insistere, passandoci il fiato dall’uno all’altro, dall’una all’altra. Il mesotelioma ci succhia il respiro, ma diononvoglia che ci disattivi la forza d’animo. Ognuno per quel che può fare.
L’obbiettivo ci è ben chiaro. Noi vogliamo una cosa sola: guarire. E per riuscirci noi abbiamo bisogno di una cosa sola: una medicina efficace e salvifica.
In quel «noi» non ci sono soltanto le genti di Casale Monferrato, ma ci sono tutti i «noi» che, nel mondo, rischiano di ammalarsi, perché il mesotelioma colpisce ovunque.
Quaranta e un po’ più di anni fa, c’era chi riusciva a convincersi e a convincere che la fibra di amianto – innesco perfido del mesotelioma – non fosse poi così malvagia in senso assoluto, che l’amianto – si andava dicendo – «si può lavorare in sicurezza». Quaranta e un po’ più di anni fa, così si diceva, per tacitare preoccupazioni e sospetti.
Ma adesso? Adesso non ci sono più alibi. Adesso lo si sa che di amianto si muore, che il mesotelioma non perdona.
E, allora, adesso – non dopo le ferie estive, non il prossimo anno! – ora, immediatamente, servono i soldi per finanziare e coordinare la ricerca: seria, precisa, senza sprechi in rivoli infruttuosi, condotta da ricercatori capaci, impegnati e umili.
Spesso si sente dire che il mesotelioma «è una malattia rara». Balle! Migliaia – mi-glia-ia – di persone si ammalano ogni anno in ogni parte del pianeta: è un’atrocità. Anzi, di più: ognuna di quelle migliaia di vittime è un’atrocità.
Invece, come disse don Tonino Bello, combattivo uomo di pace, proclamato Venerabile nel 2021, «la vita di ogni donna e di ogni uomo è disponibile solo per essere amata». E salvata, guarita.
Chi può cercare una cura, deve farlo. Chi ha le risorse per finanziare la ricerca seria e celere, deve farlo. Subito.
Nascondersi e non farlo -, oggi, che si sa tutto di questa tragedia, ormai – è un gravissimo crimine. Cinico e vigliacco.
Ma noi vogliamo credere, signor Schmidheiny, che non sarà così. Che il giorno nuovo non è lontano. Abbiamo bisogno di pacificazione. E la pacificazione passa attraverso la guarigione.
E’ veramente una cosa tristissima, e almeno impegnarsi per trovare delle risposte postive e rdare speranza di poter guarire mi sembra il minimo. Insistere, insistere insistere e fondanentale. Brava Silvana
Grazie Silvana, grazie per le parole che hai scritto, mi hanno commossa perché in quello che hai scritto ho letto la perdita di mio padre, morto a 63 anni per l’asbestosi, mia suocera a 71 per il mesotelioma, mio fratello a 68 anni per il mesotelioma, la mia amica Pinuccia a 65 anni per il mesotelioma, e ancora tanti amici, conoscenti, vicini di casa, tante persone che hanno lasciato un vuoto incolmabile e tante lacrime che ancora scendono sui nostri volti solo al pensiero per essere mancati per la sola colpa di vivere a Casale Monferrato o di aver lavorato all’ Eternit.
Sei una Grande Silvana la tua capacità di espressione è notevole. Alle tue domande hai dato tu la risposta Giusta. Preghiamo per le donne che ci hanno lasciato e per tutti quanti hanno sofferto e soffrono per questa “BESTIA” !
Tanto tanto dolore…siamo tutti feriti da questo terribile flagello…e i nostri cuori sono pieni di lacrime…
Nessuno meglio di Silvana sa dire il grande dolore delle continue morti per mesotelioma . Non sono più sopportabili!!!!! Non ne possiamo più!!! Eppure………ancora ….ancora e ancora
Cara Silvana, grazie per la tua instancabile battaglia! Spesso mi chiedo come si sente quell’uomo e anche quelli che sapevano, quando vanno a dormire. So, però, come si sentono coloro che sono colpiti dal killer, come si sentono i loro parenti, gli amici; tutti coloro che vivono intorno alla loro vita. Che se ne va, perché ancora non si sa come sconfiggerlo il killer micidiale e silenzioso. Allora ricerca! E finanziarla con grandi investimenti. Grandi! Subito!!! Brava Silvana. Grazie
Descrizione talmente perfetta ed esaustiva ,
Non saprei cosa aggiungere se non accelerare il più possibile la ricerca per debellare il “ mostro “
La mia profonda solidarietà.
Oh Silvana, se ti ascoltasse… il tempo, bisogna guadagnare tempo e speranza