Si è concluso a Bergamo il congresso del network scientifico MET.I. Mesotelioma Team Italy – Illustrati i più attuali percorsi terapeutici e gli obbiettivi della ricerca – Consegnato a Renato Balduzzi, già ministro per la Salute, il Premio intitolato al chirurgo Federico Rea, morto prematuramente
Mesotelioma: la ricerca è andata avanti negli ultimi quindici anni, smuovendo la rassegnazione impotente in cui a lungo si è stagnato di fronte alle diagnosi di questo tumore considerato raro.
Un tumore si definisce «raro» quando colpisce meno di 6 persone su 100 mila all’anno.
E i numeri del mesotelioma sono questi: l’incidenza di pazienti nel mondo è di 0,3 su 100 mila, mentre in Italia si contano 3,5 casi su 100 mila uomini e 1 caso su 100 mila donne. Nella città di Casale Monferrato (dove ha operato la fabbrica Eternit per 80 anni) la percentuale è ben più elevata: 50 casi su 100 mila uomini e 56 casi su 100 mila donne. Un tumore raro, il mesotelioma, ma ci si continuerà ad ammalare nel mondo perché molti Paesi, specialmente quelli in via di sviluppo, ancora usano e lavorano l’amianto, causa scatenante di questo cancro maligno: 125 milioni di persone sul pianeta sono ancora esposte all’inalazione della fibra cancerogena.
La ricerca, tuttavia, è appunto è andata avanti in più direzioni: preventivo, diagnostico, di indagine genetica, di combinazioni terapeutiche.
Ora il passo importante consiste nel coordinare la ricerca e unificare le forze, anzi integrare più ruoli: medico ricercatore e clinico, associazionistico e, ovviamente, finanziario.
Questo è il fondamento su cui è nato il network MET.I. (Mesotelioma Team Italia) che poggia su tre pilastri: la componente medico-scientifica, con un gruppo di esperti di grande esperienza e professionalità, la rappresentanza associazionistica interpretata da Tu.To.R. (Associazione Tumori Toracici Rari) e la Fondazione Buzzi Unicem Ets, che assicura un congruo sostegno finanziario oltre che amministrativo-organizzativo, sulla base di un’esperienza ultraventennale.
Dopo la presentazione ufficiale di mercoledì 8 ottobre nel Palazzo Municipale di Casale Monferrato (città simbolo nel mondo per la lotta all’amianto), MET.I. ha illustrato ad ampio spettro lo stato dell’arte al Congresso che si è svolto a Bergamo giovedì 9 e venerdì 10 ottobre.
La prima giornata di lavori ha visto coinvolte tutte le componenti medico scientifiche e sociali; si è parlato di approccio diagnostico e terapeutico, con particolare attenzione alla presa in carico dei pazienti da garantire in tutte le regioni d’Italia e di integrazione di contributi tra i medici e i pazienti (e loro famigliari).
Nella seconda giornata si è svolto un più puntuale confronto tecnico scientifico tra i massimi specialisti italiani.
MESOTELIOMA: UNA MALATTIA DIFFICILE
In Italia i casi di mesotelioma si aggirano poco oltre i 1700 all’anno.
«Siamo più o meno agli anni del picco – è stato detto -; ora si attende un declino, ma non sarà rapido come si era immaginato. Si è in una fase quasi di stallo: diminuiscono sì i casi, ma molto lentamente».
È fondamentale e obbligatoria per legge la sorveglianza sanitaria, principalmente attraverso il Renam (Registro nazionale del mesotelioma) che raccoglie i dati dalle sedi regionali (Cor). La flessione dei numeri, benché lenta, dimostra che la messa al bando dell’amianto dal 1992 ha fatto effetto.
E chi si ammala come affronta la malattia?
La diagnosi di mesotelioma è percepita come «l’anticamera di un lutto. Noi – hanno detto i medici – vogliamo cronicizzare la malattia», cioè arrivare a gestirla e a curarla per anni, garantendo una buona qualità della vita, impedendo o rallentando l’avanzamento, come già avviene per altre patologie croniche, tra cui alcune patologie cardiovascolari, o il diabete, o vari tipi di tumori».
Certamente il mesotelioma è una malattia «difficile – è stato ribadito dagli esperti -, sia per la grande varietà di sintomi, complicati da gestire, sia per le difficoltà di inquadramento diagnostico». Si individuano tre tipi di mesotelioma: epitelioide (il più frequente), sarcomatoide (il più raro) e bifasico (cioè che manifesta aspetti di entrambe le tipologie precedenti).
Quel che va fatto con priorità e urgenza è assicurare ai malati di mesotelioma percorsi diagnostici e terapeutici adeguati e omogenei su tutto il territorio nazionale.
È un obbiettivo fondamentale che ci si prefigge di attuare attraverso la formulazione dettagliata dei cosiddetti PDTA (acronimo di «Percorsi diagnostici terapeutici assistenziali»). Se n’è parlato diffusamente al Congresso di Bergamo, in un confronto stretto con le associazioni, perché molti stimoli possono e devono proprio arrivare da loro, in particolare dai pazienti e dai loro famigliari, che, tra l’altro, hanno espresso la necessità di un adeguato e intenso sostegno psicologico.
È indispensabile che un modello organizzativo di presa in carico del malato di mesotelioma (dalla diagnosi, alla scelta terapeutica, al controllo dei sintomi, al sostegno psicologico, all’assistenza nei passaggi più difficili quando le cure si esauriscono), cioè appunto il PDTA, sia valido e che rispetti criteri essenziali che devono essere uguali in tutto il Paese, per assicurare gli stessi standard a tutti i pazienti. Questa la promessa partita da Bergamo: «Predisporre, nel giro di un anno, un documento che indichi dettagliatamente i percorsi da attuare in ogni centro che si occupa di mesotelioma, riconosciuto a livello nazionale».
Il congresso ha dedicato ampio spazio all’aspetto delle terapie cui sono appese, ovviamente, le più grandi speranze. Se n’è parlato sia giovedì che, in modo più specialistico, venerdì.
È emerso, prima di tutto, che «il mesotelioma oggi si cura e va affrontato assolutamente in modo interdisciplinare; che il punto di partenza imprescindibile è una corretta diagnosi perché da questa dipende la scelta della terapia più corretta». Da alcuni anni, grazie a parecchi studi, si sono allargate le opportunità di cura, combinando diverse associazioni terapeutiche. «La chemioterapia non è più l’unica arma – è stato spiegato -, oggi si utilizzano ampiamente anche l’immunoterapia e anche la radioterapia ha un ruolo importante integrato con le altre strategie terapeutiche per ottimizzare i percorsi di cura».
Si fa ricorso pure alla chirurgia, ma riservata a un gruppo selezionato di malati, che si aggira tra il 5 e il 10%: «La decisione – dicono i medici – va valutata col metodo multidisciplinare per decidere se quel paziente è candidabile all’intervento». E, quando si decide di procedere, occorre affidarsi a centri di elevatissima esperienza chirurgica. I PDTA regionali dovranno indicare quali sono i centri di massimo livello.
Una particolare attenzione si sta, poi, concentrando su studi genetici che determinerebbero una maggiore predisposizione in certe persone a sviluppare la malattia anche a fronte di una minore esposizione all’amianto. È stato comunque ribadito che, senza l’amianto come agente causale, quelle persone non si ammalerebbero.
PREMIO MET.I. «FEDERICO REA» A RENATO BALDUZZI
La prima edizione del Premio MET.I., dedicato al professor Federico Rea, già direttore della Cattedra e della Divisione di Chirurgia Toracica dell’Azienda Ospedaliera di Padova, «gigante della chirurgia toracica, ma soprattutto un uomo eticamente ineccepibile», morto prematuramente a luglio scorso, è

stato assegnato al professor Renato Balduzzi, già ministro per la Salute. A tracciare il profilo del premiato è stata Consolata Buzzi, presidente della Fondazione Buzzi Unicem. Consolata Buzzi ha ricordato il grande impegno di Balduzzi che, «da ministro, ha portato il tema del mesotelioma al di fuori delle aule di giustizia, promuovendo, tra l’altro, la Conferenza governativa di Venezia da cui è scaturito il Piano Nazionale Amianto». Oltre alla competenza di Balduzzi nell’ambito del diritto sanitario, la professoressa Buzzi ha anche ricordato la sua grande esperienza di giurista e costituzionalista, «garanzia di totale affidabilità e tutela della dignità dei pazienti».
Il professor Balduzzi, onorato di ricevere il riconoscimento, ha ricordato la battaglia «che si è condotta insieme», ottenendo, tra l’altro, che «fosse riconosciuto all’Italia il ruolo di Paese di riferimento europeo per le malattie asbesto correlate». Ha incoraggiato MET.I.: «Sta dimostrando che, nonostante qualche porta chiusa e qualche indifferenza di troppo, se si punta a un risultato corretto, ci si riesce». E ha invitato a tenere gli occhi e le orecchie ben aperti a tutto quel che succede nel mondo per arrivare al traguardo atteso: guarire.
E la promessa di MET.I. a chiusura dei lavori congressuali è stata: «Vogliamo curare questa malattia sempre meglio. Ce la mettiamo tutta!».
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